Il fastidio dell’orecchio tappato che non vuole aprirsi: ma è una patologia?

Per quanto ormai il pieno della bella stagione sta volgendo al passato, molti di noi avranno approfittato per fare un’escursione in montagna o per saltare su un aereo, diretto verso qualche affascinante località turistica.

Per quanto sembri il preludio di un momento di piacere, per alcuni di noi queste semplici azioni possono risvegliare un fastidio che può arrivare a rasentare un vero e proprio dolore fisico: l’orecchio tappato.

A poco possono servire i classici trucchi di deglutire più volte o di trattenere il fiato. L’orecchio di queste persone ha bisogno di un approccio un po’ più serio perché presenta i sintomi di una malattia cronica: la disfunzione tubarica.
Questa patologia si riscontra spesso in determinate categorie di lavoratori, come i piloti d’aereo, gli assistenti di volo, le guide alpine e i sub, dato che sono soggetti a sensibili variazioni della pressione.
La disfunzione tubarica compromette la tuba di Eustachio, quel condotto che funge da collegamento tra il naso e l’orecchio.
In caso di un’insufficienza funzionale della tuba, la pulizia dell’orecchio dal catarro e la sua ventilazione non avvengono più in modo fisiologico.

Ne consegue un progressivo accumulo di catarro, che innesca i fastidiosi sintomi dell’orecchio tappato. Spesso queti fastidi si rivelano in concomitanza di altre patologie comuni come il mal di gola, anche se per fortuna, esistono rimedi naturali che riescono a darci sollievo in maniera non invasiva.

Un orecchio tappato può essere l’anticamera per un’otite

Come in una reazione a catena, all’accumularsi di catarro nella tuba di Eustachio, segue una proliferazione batterica che, a sua volta, provoca un’otite catarrale.
Così come la disfunzione tubarica è una patologia cronica, lo è anche l’otite catarrale, ed è bene non trascurarla.
Infatti, oltre ad essere piuttosto dolorosa, potrebbe portare alla netta perdita dell’udito.

In ogni caso, anche senza giungere ad un esito tanto drastico, l’otite può generare vertigini, disfunzioni del senso dell’equilibrio e i cosiddetti acufeni, quei costanti ronzii e sibili a carico dell’orecchio tappato.
Per interrompere questa catena di eventi, è indispensabile riuscire a far defluire il catarro intrappolato nell’orecchio.

Gli esami per diagnosticare l’orecchio tappato

Se si accusano i sintomi del disturbo da orecchio tappato, è opportuno consultare uno specialista, che eseguirà alcuni semplici esami per confermare la diagnosi.
Anzitutto, l’otorino procederà ad un’audiometria, per avere la misura della capacità uditiva del paziente.

L’esame audiometrico tonale, come spiegano nel loro sito gli esperti del CRO di Firenze, viene eseguito all’interno di una cabina insonorizzata per mezzo di una cuffia che trasmette suoni puri ed un vibratore posizionato dietro l’orecchio che trasmette il suono all’orecchio interno saltando le altre parti del sistema uditivo.

Dopodiché, passerà ad una timpanometria, o impedenzometria, grazie alla quale è possibile verificare se vi sono ostacoli al passaggio delle onde sonore attraverso la membrana del timpano, come nel caso di un’otite.
Entrambi gli esami non sono né dolorosi, né invasivi e permettono di diagnosticare con attendibilità un orecchio tappato.

Gli interventi tradizionali per il disturbo dell’orecchio tappato

Ad una diagnosi positiva di orecchio tappato è necessario rispondere con la terapia più adeguata, per consentire il deflusso del catarro dal condotto.
Alcuni medici confidano nell’effetto benefico delle insufflazioni d’aria, a cui ci si può sottoporre nell’ambito delle cure termali.

Con una cannula si raggiunge l’apertura della tuba di Eustachio, passando attraverso il naso. Dopodiché si procede alla terapia.
Purtroppo, bisogna ammettere che questa procedura non garantisce una piena risoluzione del problema e le ripetute insufflazioni rischiano di compromettere la membrana timpanica, indebolendola.

Altri specialisti affrontano il problema con più vigore, arrivando a bucare la membrana timpanica per far uscire il catarro dalla parte esterna dell’orecchio.
In questo caso, c’è da chiedersi se sia davvero opportuno ricorrere ad una metodologia tanto invasiva, che può comportare un danno permanente al timpano.
Non sarebbe meglio cercare di risolvere il problema dell’orecchio tappato senza creare nuovi danni?

Metodi alternativi per risolvere una volta per tutte il fastidioso problema dell’orecchio tappato

Curare l’orecchio tappato senza ricorrere a metodi invasivi adesso è possibile, grazie alla Balloon Tuboplasty.
Si tratta di una nuova procedura, non invasiva e indolore, eseguita in regime di day hospital, in anestesia locale.

Per la Ballon Tuboplasty si utilizza un micro-endoscopio col quale si inserisce un palloncino all’interno della tuba di Eustachio, gonfiandolo una volta raggiunta la posizione corretta.
Così facendo, il condotto si dilata quel tanto necessario a ripristinare la naturale ventilazione dell’orecchio e il deflusso del catarro.
Questo intervento garantisce risultati permanenti e la scomparsa dei sintomi da orecchio tappato.

Spesso, alla Ballon Tuboplasty viene associato anche un altro intervento, eseguito con il laser: la riduzione dei turbinati.
I turbinati si trovano ai lati della cavità nasale e svolgono l’importante funzione di riscaldare e purificare l’aria che viene introdotta con la respirazione; infatti, se per via di un’infiammazione, la mucosa che li ricopre è ingrossata, questa ostacola il corretto afflusso d’aria.

Come cita nel suo sito il dottor Alessandro Valieri, medico specialista in otorinolaringoiatria, l’intervento per l’ipertrofia dei turbinati aiuta il meccanismo della compensazione e viene spesso associata alla Balloon Tuboplasty, confermando la tendenza della ricerca di procedure non invasive che contribuiscano a migliorare le condizioni di salute dei pazienti affetti da orecchio tappato.
Pertanto, riducendo con il laser i turbinati si permette all’aria di circolare di nuovo in maniera funzionale, con ricadute positive anche per la tuba di Eustachio.