Il mondo del lavoro è sempre più complesso e non solo perché oggi sembra difficile trovare una posizione adeguata con una retribuzione che rispetti realmente il costo della vita, ma anche perché , purtroppo, gli ambienti lavorativi sono sempre meno accoglienti e, in molti casi, si è alle prese con molestie e fenomeni di mobbing.
Con questo termine mutuato dall’inglese, e utilizzato nel mondo animale per indicare “to mob”, ovvero una forma di assalto con violenza, si identificano una serie di comportamenti identificati dallo psicologo Heinz Leymann come condotte aggressive e lesive portate avanti dal datore di lavoro, superiori e collaboratori nei confronti dei lavoratori.
Una situazione spiacevole che non esclude nessuno, dai dipendenti ai manager, e che è sanzionata anche dal Codice Civile: infatti, l’art.2087 sancisce l’obbligo del datore di lavoro di vigilare e controllare che queste azioni lesive non vengano attuate.
Eppure, nonostante ciò, si sente spesso parlare di mobbing e le vittime in Italia sono numerose: secondo i dati dell’Associazione italiana per la direzione del personale (Aidp), questi episodi spiacevoli riguardano circa il 43% dei lavoratori, di cui la maggioranza sono donne.
Nonostante l’ampia diffusione del fenomeno, però, è possibile difendersi.
Che cos’è il mobbing
Negli ambienti di lavoro si possono verificare situazioni spiacevole e condotte lesive, ma quando si parla di mobbing, il significato è ben preciso: con questo termine, infatti, si intendono una serie di comportamenti lesivi che hanno carattere persecutorio. Si tratta, quindi, di azioni discriminatorie condotte per motivi diversi, come la religione, credenze personali o l’appartenenza a una certa etnia che sono finalizzate a creare un’atmosfera ostile e intimidatoria a causa di comportamenti ritenuti offensivi.
Nella pratica, anche comportamenti che ridicolizzano il lavoratore, sminuiscono la sua persona, lo costringono a carichi di lavoro eccessivi o vietano la concessione di benefit, ferie e congedi, rientrano nel mobbing.
A essere accusato di mobbing non sono solo dirigenti e manager, ma queste condotte lesive possono essere poste in atto anche da colleghi e sottoposti.
Cosa fare in caso di mobbing?
Se si ritiene di essere vittima di mobbing, o comunque di subire delle ingiustizie nel luogo di lavoro, è bene rivolgersi immediatamente a un avvocato. Infatti, non bisogna sottovalutare la situazione ed è preferibile correre ai ripari senza far passare troppo tempo: sul sito di questo avvocato penalista di Roma, ad esempio, si può richiedere una prima consulenza gratuita, utile per capire come muoversi se ci si ritrova ad affrontare questa situazione.
Per dimostrare che si tratta di mobbing, sono necessarie prove di tipo documentale, come ad esempio certificati che attestano lo stato di salute e una condizione di stress e ansia, così come raccogliere delle testimonianze di altri colleghi che riconoscono questa tipologia di condotte.
Il lavoratore che teme di essere vittima di mobbing può raccogliere anche delle registrazioni: infatti, secondo la sentenza n. 31204/2021 della Corte di Cassazione, questo procedimento è ammesso per la tutela dei propri diritti. Tuttavia, si tratta di un’azione da intraprendere solo quando si è quasi certi di essere in presenza di questo reato, altrimenti la registrazione delle conversazioni potrebbe portare a problemi legali e al licenziamento.