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L’ allarme uomo a terra

L’uomo è un animale eretto che stanzia solitamente in piedi. Un uomo a terra, nella stragrande maggioranza dei casi, indica un problema. L’avvistamento di un uomo a terra non è mai foriero di buone notizie. Il codice 10 (se preferite Ten Code), utilizzato dalle forze dell’ordine nordamericane, prevede una specifica codifica per la segnalazione dell’uomo a terra: il messaggio di allarme 10-53.

Dunque, un uomo a terra è sinonimo di incidente, malore o qualunque situazione che ha, comunque, creato un’alterazione nello stato di benessere di un individuo. Anche ai fini della sicurezza sul lavoro la presenza dell’uomo a terra ha grandi implicazioni.

Il D.Lgs. 81/08 prevede che il datore di lavoro debba programmare gli interventi, prendere i provvedimenti adatti e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro (art. 37).

Le cose si complicano quando ci si trova in presenza del cosiddetto lavoro isolato: quel lavoro, cioè, in cui il lavoratore opera da solo, senza la presenza di altre persone oppure la postazione di lavoro ne impedisce la vista ai propri colleghi.

È qui che entra in azione il dispositivo uomo a terra. Conosciuto anche con il termine di dispositivo uomo morto si tratta di un’apparecchiatura in grado di comunicare automaticamente ed autonomamente una situazione di uomo a terra, tipicamente riguardante la persona che indossa lo strumento.

Funzionamento di un dispositivo uomo a terra

Che cos’è un dispositivo uomo a terra, lo abbiamo visto precedentemente, ma come funziona questa apparecchiatura? Cominciamo con il chiarire che il fulcro del funzionamento, l’idea che ha portato al loro sviluppo, è la presenza di una serie di sensori in grado di rilevare un singolo parametro o più di uno e di comunicarli ad una centrale ricevente, segnalando una situazione di emergenza.

I dispositivi in commercio, seppur simili nella concezione di fondo, sono diversi fra loro, così come i parametri rilevati dagli stessi. I parametri esaminati dai dispositivi, solitamente, sono:  il movimento, il panico, l’urto, la caduta libera, l’attivazione a strappo, l’inclinazione,   o il check (un timer fa scattare un pre allarme che attende la disattivazione da parte della persona che lo indossa).

Non è rara la presenza di un pulsante di allarme che l’operatore può premere, segnalando direttamente lo stato di emergenza. La tecnologia attuale permette di applicare modalità di connessione diverse: radio o radio con protocolli proprietari (non compatibili con altri dispositivi, ndr ), telefonia mobile dati (esclusivamente) oppure la classica telefonia mobile in GSM o 3G.

Poiché la localizzazione è uno degli aspetti più importanti, a bordo di questi apparecchi viene implementato anche questo aspetto.

I dispositivi uomo a terra, pertanto, vengono equipaggiati con sistemi di localizzazione outdoor e indoor. Fra i primi rientrano GPS e  GLONASS, anche se non è raro vederli utilizzare assieme, per formare un multi GNSS. Per la localizzazione indoor, solitamente, si utilizzano Tag RF o Beacon, entrando nel campo delle radiofrequenze e del sistema bluetooth.

Privacy e dispositivo uomo a terra

Anche se involontariamente, la metodologia operativa di queste attrezzature invade la privacy. In alcuni casi sono state addirittura le RSU a lamentare l’intromissione nella privacy dei lavoratori. Uno strumento atto a garantire la sicurezza a distanza deve, per forza di cose, essere collegato ad un sistema di geolocalizzazione e, parallelamente, segnalare la posizione geografica dell’individuo a cui è affidato. Per rispettare la privacy dei lavoratori, però, alcuni  dispositivi sono concepiti in modo tale che la trasmissione della posizione avvenga solo in caso di emergenza. Inoltre, il PIN e una password proteggono l’accesso alla configurazione di sistema.