Il lavoro in vacanza, quanto stress genera?

Un tempo, le vacanze o le ferie lavorative, erano viste come un momento di meritato riposo. Durante il trascorrere di quelle, nessuno pensava al lavoro e tutti si divertivano passando del tempo in famiglia o in qualche località diversa da quella di residenza. Il clima che si respirava era quello di assoluta spensieratezza e rilassatezza. Oggi, invece, non è più così.

Complice la nostra utile, ma onnipresente, tecnologia, alcuni di noi non riescono proprio a liberarsi del pensiero del lavoro. Questi soggetti non sono in grado di staccarsi dal proprio lavoro e continuano a svolgerlo anche durante le loro ferie, sebbene in modalità a distanza. Ma questa pessima abitudine di portare il lavoro in vacanza genera stress molto più di quanto non lo generino i normali ritmi lavorativi. Dunque, si tratta di una pratica che andrebbe assolutamente evitata. Ma analizziamola meglio e cerchiamo di capire come sia possibile evitare di attuare questi comportamenti. Per ogni approfondimento, rimandiamo al sito Corsielavoro.it dove sono disponibili diversi articoli sull’argomento “lavoro”, la sua gestione e la sua ricerca.

Passione per il proprio lavoro o ossessione?

Generalmente, coloro che sono più appassionati al proprio lavoro, hanno la tendenza a portarlo in vacanza con sé. Questo è, per esempio, il caso dei manager aziendali, che hanno lavorato tanto per raggiungere la loro posizione di spicco, oppure il caso di liberi professionisti come dentisti o psicologici, che si sono impegnati molto per riuscire a godere del buon stipendio che ora raccolgono. Tuttavia, non ci sono figure professionali escluse da questo pericolo. Ma che cosa comporta l’abitudine di pensare di continuo al lavoro in vacanza?

I pericoli comportati da quest’abitudine sono paragonabili a quelli delle dipendenze da alcool e altre sostanze. Infatti, questa abitudine, che prende il nome di “workation”, letteralmente Working On Vacation, è vista come una moderna evoluzione del workaholism. Entrambi questi fenomeni consistono nell’incapacità di separare lavoro e vita privata. Questa incapacità comporta la rinuncia alla famiglia, agli affetti, al tempo libero. E i suoi effetti sono evidenti anche negli atteggiamenti di chi ne è affetto. Se costretto ad andare in vacanza, infatti, il workaholic ha sintomi da crisi di astinenza: è irritato, ansioso e non riesce a pensare ad altro. gli effetti collaterali del lavorare in vacanza, inoltre, sono la depressione, l’ansia, l’insonnia e l’aumento di peso. Ma quanti, oggi, sono disposti a lavorare anche in vacanza? I sondaggi parlano chiaro: il 63% dei millennial è produttivo anche in malattia, il 70% nel weekend e il 32% addirittura in bagno, mentre il 39% lavora persino in vacanza (Fonte: Washington Examiner).

Lavoro in vacanza: lo stress da evitare

Al giorno d’oggi sono moltissimi coloro che portano il lavoro in vacanza, ma ciò non è salutare. Certo, l’incertezza del mondo del lavoro e la possibilità di essere facilmente rimpiazzati non aiuta a considerare il lavoro come un mezzo di sostentamento e basta. in realtà, è risaputo che coloro che lo portano sempre con loro, lo ritengono di primaria importanza, tuttavia esso non riveste davvero un ruolo così fondamentale. Inoltre, bisogna evitare lo stress da lavoro quando si è in ferie. Come si può fare?

  1. Spegnendo lo smartphone. O almeno disattivando le notifiche delle mail di lavoro.
  2. Mantenendo il cervello occupato in attività per cui non si ha mai tempo durante l’anno, come la lettura, lo sport, gli hobby, il cinema.
  3. Giocando con i propri figli. Con una serie di lavoretti da fare e film da guardare con loro.
  4. Visitando posti interessanti che ci distraggono dal lavoro e ci affascinano particolarmente, praticando il turismo slow come descritto in questo articolo.